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Era una sera fredda e gelida, ottobre 1912, in Rue de Trompe a Ginevra: un emigrante italiano, giuntovi l'anno precedente con alcuni connazionali, in cerca di lavoro e di fortuna, si apprestava a entrare nel bar de l'Escolade, dove avrebbe incontrato il Signor Lice di Armeno.
Era il Signor Poletti Luigi, detto "Iagoeur", che, con quell'incontro, sperava di riuscire a conciliare musica e lavoro in quel tempo così duro e difficile.
I frutti di quell'incontro non tardarono ad arrivare: assieme a lui, un gruppo di verunesi, anch'essi emigrati in Svizzera, si unirono in una fanfara, cogliendo l'occasione per parlare anche un po' di casa.
Quindici elementi uniti e compatti, sicuri che questa loro iniziativa non sarebbe mai più finita!
Datato 1914 è il primo Statuto ufficiale della Filarmonica Verunese.
Purtroppo però tutto si interruppe a causa della Prima Guerra Mondiale: sul Carso persero la vita alcuni dei fondatori, il cui ricordo sarà per sempre vivo nella nostra storia.
Terminata la guerra, nel 1929 si ricostituisce la banda, ed è in questo periodo che ci fu un forte impulso per migliorare la qualità e la partecipazione all'attività musicale. Purtroppo però, nel 1940, i tuoni di guerra furono di nuovo causa di interruzione delle attività musicali.
La banda tornò in attività nel dopoguerra, sotto la guida del M° Primo Bicelli, ma bisogna attendere il luglio del 1975 per la piena rifioritura della volontà e dello spirito musicale verunese: dal 1976 ad oggi, la Società Filarmonica Verunese ha conosciuto un lungo e sereno periodo di attività.
Ne fanno parte oggi circa trentacinque elementi, diretti dal M° Maurizio Sacchi, mentre i corsi musicali seguiti dal M° Alessandro Temporelli garantiscono quella giusta riserva che permette di ben sperare per il futuro.
Non abbiamo elencato nomi, salvo alcune eccezioni tecniche, perchè crediamo che nella storia di ogni sodalizio musicale l'apporto di tutti coloro che hanno suonato e collaborato per la crescita del gruppo abbia pari peso e dignità: doti fondamentali sono la generosità e la disponibilità disinteressata, che crediamo ogni musicante abbia nel suo DNA. |
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